In questo periodo storico di profondi cambiamenti, l’umanità intera è richiamata a rivedere molte cose, lasciando andare vecchi ed obsoleti paradigmi per integrarne a mano a mano di nuovi. Ma il nuovo non è istantaneo e pertanto non ancora chiaro e definito. Tra il vecchio e il nuovo c’è sempre un periodo di transizione, la cui durata è determinata dalla capacità della gente di accogliere ed integrare il cambiamento senza opporvi resistenza. In questo periodo, che possiamo chiamare la “terra di mezzo”  i più vivono momenti di crisi causati da paura e disorientato. Molte persone cercano allora nuove risposte, nuove sicurezze e nuove direzioni. E naturalmente le proposte a queste crescenti necessità non mancano. Gli ultimi anni hanno visto infatti l’aumento, in modo esponenziale, dell’offerta di scuole, tecniche, percorsi, maestri, guru per offrire nuove soluzione alla crescente crisi interiore ed esteriore.

Se da un lato tante cose nuove stanno portando un’onda di verità e di luce, dall’altro, come spesso accade, molti cavalcano l’onda motivati solamente dai loro scopi personali.

La parola d’ordine è ATTENZIONE. Attenzione e discernimento costanti. C’è tanta falsità attorno, tante realtà create appositamente attraverso la magia dell’illusione così che “nel viandante” non possa nascere alcun sospetto. I fili neri che muovono le marionette non saranno mai visibili fino a che utilizzeremo un fondo nero come scenario. Ma nel momento in cui daremo contrasto a quei fili con un fondo bianco, immediatamente l’illusione cadrà. Dobbiamo essere attenti, andare al di là della forma superficiale, e utilizzare in ogni momento il nostro potere di dividere “i semi buoni da quelli che non lo sono”.

All’inizio saremo come un contadino principiante che non ha ancora acquisito quella saggezza che deriva dall’esperienza o dagli insegnamenti di qualche anziano. Ma cerchiamo continuamente di raffinare e far “diventare il giorno la notte”, così che questo contrasto possa farci notare tutte quelle cose scontate nella forma, ma non nel contenuto.

 

LE CARATTERISTICHE DEL MAESTRO

I grandi maestri non insegnano parlando, ma incarnando il loro insegnamento. Lo rendono vivo e reale nella loro testimonianza. La loro vita è manifestazione della loro verità. Non usano la parola per assoggettare, ma per risvegliare. Non danno soluzioni, ma semplici strumenti. Non offrono risposte, ma creano un percorso ad ostacoli così che il terreno di gioco dell’esperienza diventi, per il giocatore, la pratica necessaria per risvegliare la propria saggezza. Non sono mendicanti, ma imperatori! Non elemosinano, ma vivono di sé stessi. Come dice il Tao Te Ching: “il saggio si pone ultimo e diviene primo; si tiene fuori ed è al centro”. Nella sua “relazione con gli altri” un vero maestro non crea dipendenza e neppure assuefazione. Non è un pastore in mezzo ad un gregge di pecore addomesticate. Non impone nulla, ma permette ad ognuno di riconoscere ciò che ha già dentro di sé. Non cerca adepti, ma liberi cercatori. Un maestro non è mai la giusta risposta, ma semmai la giusta domanda.

Il Maestro Sufi Abu Said ibn Abul Khayr riporta almeno dieci caratteristiche che se si trovano in un maestro sono prova della sua autenticità.

  1. deve essere diventato un obiettivo, per essere in grado di avere un discepolo.
  2. deve aver percorso il cammino mistico egli stesso, per essere capace di indicare la strada.
  3. deve essere diventato raffinato ed educato, per essere in grado di essere un educatore.
  4. deve essere generoso e privo di importanza per sè, in modo che possa sacrificare la ricchezza per conto del discepolo.
  5. non deve impadronirsi della ricchezza del discepolo, in modo tale che questi non sia tentato di utilizzarla per sé.
  6. ogni volta egli potrà, darà consigli attraverso un segno (parabole o metafore) e non utilizzerà espressioni dirette.
  7. ogni volta che sia possibile educare attraverso la gentilezza, non userà la violenza e la durezza.
  8. qualsiasi cosa egli ordini, l’avrà egli stesso compiuta.
  9. qualsiasi cosa proibisca al discepolo, se ne sarà astenuto egli stesso.
  10. non abbandonerà per tutto il bene del mondo il discepolo che egli ha accettato per amore di Dio.

In orientale si dice: “Il maestro e l’allievo, insieme, creano l’insegnamento”.

Nulla di più vero. Il vero maestro è umile. Insegna con la parola, ma soprattutto con i silenzi. Non impone la propria verità, ma si affianca al viaggio del cercatore che si rivolge a lui con umiltà. Perché un maestro mai giudica. Non vede con gli occhi della mente, ma osserva con la verità del cuore. Molti presunti maestri invece riempiono tanto le loro bocche quanto il loro ego con plateali parole. Il loro dire è ben diverso dal loro agire! La loro forza è data dalla platea che li segue e li promuove, ma quando sono al di fuori di quel palcoscenico, la loro luce sfuma. Obiettivo del loro ego è ammaliare e conquistare l’altrui attenzione, ma poco importa loro se ancora non hanno consapevolezza di se stessi. Il personaggio che hanno creato si erge sul piedistallo del loro costante bisogno di potere. Un potere che controlla, che plagia ed incatena, ed il cui vero volto è spesso nascosto dietro la maschera del “bene”. È come se gridassero: “Io ho la verità per te!…non perdere tempo a cercarla, seguimi e te la mostrerò”. Ma ciò che sembrava un grande premio, in realtà poi diventa un grande fardello.

Il potere fa sentire una persona forte e degna, la fa sentire come se avesse uno scopo. Per questo le persone cercano di acquisire potere. Il modo migliore per farlo è sottrarlo a qualcun altro, portandolo a credere che “tu sei meglio di lui”. Questo è il potere psichico, letteralmente ciò significa prendere energia dagli altri, portandoli al livello in cui puoi rubare loro qualche cosa. Ma principalmente ciò che viene rubato loro è la libertà.

Dunque impariamo la differenza tra guardare ed osservare. Impariamo a vivere la nostra vita da “svegli”, come osservatori attenti e consapevoli di tutto quello che accade dentro e fuori di noi, così da riconoscere le possibili trappole, da discernere il falso dal vero ed evitare così le sabbie mobili che inaspettatamente ci possono rallentare od inghiottire. Non esiste la regola perfetta. Non esiste la “mappa del pericolo”. Ognuno ha all’interno la propria bussola. L’unità di misura è dentro di noi e il più grande maestro che possiamo utilizzare nella vita è la luce della nostra consapevolezza. Perciò è importante vivere ogni attimo di tempo con presenza e coerenza, con gioia e amore.

 

MAESTRO O CARCERIERE?

Carceriere è chi esercita un’eccessiva sorveglianza sugli altri, o ne limita la libertà con un controllo ossessivo e tormentoso. Quando la relazione interpersonale, di qualsiasi tipo essa sia, diviene gioco di potere dove la supremazia dell’uno domina sulla debolezza psichica dell’altro, ciò che ne deriva è una “prigionia condivisa”. Si istaura un rapporto malato “carceriere / prigioniero”.

“Un corso in miracoli” esprime perfettamente questo concetto: “Un carceriere non è libero, perché è legato al suo prigioniero. Deve essere certo che questi non possa fuggire e quindi passa il suo tempo a tenerlo d’occhio. Le sbarre che lo limitano diventano il mondo nel quale il suo carceriere vive assieme a lui. E la via alla liberazione di entrambi dipende dalla sua libertà. Perciò non tenere nessuno prigioniero. Libera invece di legare, perché così vieni reso libero. Il modo è semplice”. Questo legame non ha opposti (bene/male) dove il carnefice è libero e la vittima è prigioniero. Ambedue in questa relazione condividono la stessa prigione. Il loro stare insieme ha effetti diversi, ma la stessa causa: un vuoto e una sofferenza interiore. Proiettano all’esterno ciò che non vogliono affrontare dentro di loro.

Eckhart Tolle afferma che ogni dipendenza nasce dal rifiuto inconsapevole di affrontare e superare il proprio dolore. Ciò che non ti rende libero all’interno, ti renderà schiavo all’esterno. Il carceriere o “falso maestro” sfrutta la relazione per nutrire il suo ego, esaltando l’immagine di sé  attraverso l’energia psichica che chi è debole riversa completamente nella sua immagine. Il prigioniero, all’opposto, dalla sua presenza e dalla sua guida riceve un senso di identità, di sicurezza, di appartenenza. La sua è una completa identificazione con il maestro, annullando il suo bisogno di pensare e quindi di scegliere. Una persona debole non vuole dover scegliere, perché ha paura di sbagliare, ma soprattutto di soffrire. Ecco perché meglio delegare. La sua dipendenza è dettata da una profonda insicurezza che è sofferenza. Ma come ho già detto, “carnefice e vittima” si attraggono perché l’uno fa da specchio alla debolezza dell’altro. Perché la prigione che condividono può essere aperta dalla stessa chiave. Solo la consapevolezza li renderà liberi entrambi. L’inconsapevolezza ha creato la catena. La consapevolezza li può rendere liberi.

Perché la consapevolezza è libertà, e libertà è amore. Il gioco del potere scompare. Le redine non sono più necessarie. Tanto che vengano imposte, quanto subite. Ricorda questo: ognuno ha dinanzi lungo il cammino tutto ciò di cui ha necessità, ma la cecità gli impedisce di vederlo, poiché preferisce affidarsi ai miraggi del deserto illusorio che è assai abile a creare la mente, e non alle vere immagini che sgorgano dall’originaria sorgente che è il nostro cuore, espressione del cuore divino. Dunque non facciamo né schiavi né prigionieri. Ma soprattutto non diventiamo né schiavi né prigionieri. E la linea è molto sottile, a volte impercettibile. A volte oltrepassiamo questa linea con la convinzione di essere ancora dalla parte della verità.

“Quando si va a cercare un guru, si va in cerca di quello che potremmo fare da soli: vuoi che un altro faccia per te quello che dovresti fare tu, perché pensi di non riuscire a farlo da solo. Ma il guru non ha ricevuto questo dono dal cielo, lo ha fatto lui, lo ha creato. Ha lavorato per riuscirci, riescici anche tu”.

Alejandro Jodorowsky

 

RICONOSCERE L’IMPRONTA DI UN MAESTRO

Dalla saggezza zen giunge a noi una bellissima storia che racconta del viaggio che stava compiendo un maestro e i suoi cinque discepoli, per raggiungere il monastero nel vicino paese. Quel pomeriggio, dopo diverse ore di camminata sotto un sole cocente, il maestro decise di fare una sosta in una locanda per rifocillarsi e ristorare. Prima di entrare, però, il maestro ammonì i suoi discepoli con un’inusuale richiesta: “… per nessuna ragione, all’interno della locanda, chiamatemi maestro! Indossiamo gli stessi abiti e io sarò uno come voi.” I discepoli pur non comprendendo il motivo di una simile richiesta, acconsentirono ed entrarono. Dopo che ebbero assaporato un buon pasto caldo fu servito a tutti, come consuetudine, il tè. Giunto il momento di andarsene, uno dei discepoli chiese cortesemente il conto. Il proprietario prontamente lo preparò e avvicinatosi al tavolo lo porse proprio al maestro dicendo: “ecco maestro, spero che il cibo e l’ospitalità siano stati di suo gradimento!” Tutti i discepoli di fronte a quelle parole trasalirono, guardandosi furtivamente negli occhi l’un l’altro, per capire chi avesse tradito, anche con un solo sguardo, la richiesta del maestro. Ma nessuno di loro aveva mai pronunciato quella parola e nemmeno fatto intendere chi fosse il maestro. Quindi come quell’uomo aveva potuto capire chi era il vero maestro? Che gioco era mai quello? Uno di loro allora chiese: “come ha capito che lui è il nostro maestro?”.

E il buon uomo rispose: ”non ho mai visto nessuno sorseggiare con tanto amore una tazza di tè!”. Quella fu per tutti loro una grande lezione.

Un vero maestro è sempre immerso nell’attimo di vita che vive. La sua presenza è totale. Non agisce in modo automatico: quando cammina, cammina consapevolmente, quando parla, parla consapevolmente. Il suo comportamento è calmo e rilassato e ogni suo gesto è intriso di gentilezza e umiltà. Ha in sé l’arte della consapevolezza: è costantemente osservatore di sé stesso. Soggetto e oggetto hanno perso la loro polarità. Non è più contaminato da pensieri od emozioni. È diventato tutt’uno con la vita. Da quella pace interiore, da quella totale presenza, c’è il suo più grande dono d’amore per la vita.

 

LA TUA LUCE È IL TUO MAESTRO

Non sempre i venti della vita sono a nostro favore. Capita infatti che un vento improvviso inizi a soffiare contro di noi, costringendoci a uno stop o a una svolta improvvisa. Questi momenti sono molto spesso accompagnati da dolore e sofferenza. Tutto diviene fragile, difficile, caotico, e ci guardiamo attorno smarriti, spaventati alla ricerca di un segnale, una direzione o di un’opportunità che ci permetta di ritrovare e riprendere così la via.

Ed è proprio in questi momenti, nei quali ci sentiamo così fragili, che aumenta in modo esponenziale il rischio di creare il miraggio, e di vedere un’oasi dove in realtà c’è solo sabbia. L’ancora della salvezza non è mai all’esterno, ma è sempre all’interno.

Ma il bisogno di uscire dal dramma, dal dolore, dalla solitudine ci spinge nella ricerca di soluzioni esterne. Per questo ci affianchiamo a qualcuno che riteniamo guida, fonte di saggezza e di verità, e la sua luce ci fa sentire meglio, ci rende da subito più forti, appagati e sicuri. In questi momenti il buio sembra scomparire, e la sensazione è di aver raggiunto la tanto sospirata serenità. Ma questa è soltanto una grande illusione.

È come quando un uomo attraversa un bosco in una notte buia, e per un poco gli si accompagna un altro uomo con una lampada in mano, ma al crocevia essi si separano e il primo deve proseguire da solo, a tentoni.

Tanto più cammini in una luce presa a prestito, quanto più imiti altri, tanto più sarà facile per te perderti. Tutte le risposte sono contenute dentro di noi, nella nostra interezza. Dunque non affiancarti a nessuno, non attingere alla luce di nessuno, nella convinzione che in questo modo le tue paure, insicurezze scompariranno. È solo un beneficio momentaneo, che ti distrae, allontanandoti dalla sola e vera strada da percorrere. La sola bellezza possibile consiste nell’essere sé stessi; essere sé stessi con tale purezza e innocenza che nulla di estraneo può entrare in te. Cammina nella tua oscurità…camminando, brancolando, a poco a poco anche tu troverai la tua luce. Quando ti senti immerso nell’oscurità, la luce non è molto lontana. Quando la notte è buia, l’alba è vicina, a portata di mano.

Trova dunque la tua luce, non cedere all’attrazione dello splendore altrui; non prendere in prestito la sua luce, ma soprattutto non pensare che possa restare con te per sempre. L’unica luce che hai è dentro di te, e resterà con te per sempre perché TU SEI luce. E la trovi e la esprimi attraverso l’ombra che è in te, vivendola, sperimentandola, confrontandoti con essa in vario modo. Alla fine la amerai, la accoglierai, e la renderai completamente parte di te, trasformando essa stessa in luce. Dunque l’unica possibilità è: “Volgi lo sguardo all’interno e trova la tua luce interiore”.

Per quante persone speciali e splendide la vita ti faccia incontrare, sappi che nulla dura per sempre, e che il bivio prima o poi si presenterà, e dovrai procedere attraverso quel buio con la tua luce, la sola che ti accompagnerà, la sola che saprà realmente mostrarti la strada. Dunque ancora una volta ti esorto a essere luce a te stesso, perché quanto più cammini in una luce presa a prestito, tanto più ti perderai. E non è necessario che il mondo intero sia nella luce per procedere. A te basta una piccola fiamma, purché sia nel tuo cuore. Sarà sufficiente per illuminare il sentiero quanto basta: nessuno fa più di un passo per volta. Compi quel passo con la tua luce, con fermezza e grazia nel cuore, con leggerezza e ferma convinzione. Con questa vibrazione dentro di te, nessuna ombra potrà mai fermarti.

Dice Lao Tzu: “Facendo un passo alla volta si possono percorrere diecimila miglia”.

 

IL MAESTRO NON È IL TRAMITE VERSO DIO

Come in passato e così tutt’oggi, molti cercano di raggiungere Dio mediante un maestro. Di maestri se ne possono incontrare davvero tanti, ed alcuni di loro hanno anche soddisfatto le necessità del ricercatore, ma solo temporaneamente. È di fondamentale importanza che ci liberiamo dalla necessità di un maestro. Chi cerca un maestro perde Dio, poiché cerca la rappresentazione di Dio nel maestro. Chi ricerca un maestro, cerca in un qualche modo la rappresentazione più vicina possibile al divino, che dia sicurezza, protezione e chiarezza. In questo modo si tenta di sostituire il divino con una sua rappresentazione umana. Aumenti cosi in un modo esponenziale la distanza, la separazione tra te e la sorgente che ti ha emanato.

Sei portato a credere che quella persona, quel maestro abbia più potere di te, e tu per vivere, scegliere, amare hai bisogno del suo potere. Ma la sorgente è dentro di te, il maestro è dentro di te e per ricreare l’unione con il divino devi ritrovare la totale fiducia in te stesso. Dentro di te ci sono tutte le soluzioni perché in ogni momento sei connesso con tutte le verità. La connessione è consapevolezza, e consapevolezza è armonia. L’inconsapevolezza è separazione e il bisogno di identificare il divino con una sola cosa o persona. Tutto ciò ti porta a diventare uno schiavo inconsapevole, soggiogato, preda di una cattività che ti limita e di soffoca.

Ricorda, il divino è in ogni cosa ed è anche dentro di te. La sua voce è la guida che stai cercando! Riconoscila, ascoltala e lasciati accompagnare. Ovunque ti accompagnerà, là ci sarà la tua libertà. E libertà è uno stato di coscienza. La liberazione si può raggiungere anche semplicemente rimanendo immobili, poiché è dentro, non al di fuori.

La tua vita è il tuo più grande maestro.

 

IL VERO MAESTRO NON HA NOME

Chi ha raggiunto la maestria del “sé” ha dovuto affrontare un duro lavoro interiore.

Ha trasceso la mente e vive costantemente nello stato di non mente. Con pazienza e introspezione, con saggezza e discernimento, ha rimosso ogni granello di polvere che i venti dell’inconsapevolezza avevano depositato sopra la sua vera essenza. È uscito dal bisogno di identificarsi con qualcosa o di essere identificato da qualcosa. Il “Maestro” o come lo chiamano in oriente “Guru”, non vive più di simboli, ha trasceso la realtà, continua a viverla, ma non ne è più prigioniero. La mente invece è schiava dei suoi simboli, e continua a inventare dei nomi per ogni cosa che vede. Ognuna di queste cose allora è diventata un’identità separata, identificata con il suo nome. In questo modo la sta  estrapolando dall’unità. In questo modo ne ha designato gli attributi e le proprietà, e la distingue dalle altre cose mettendo in evidenza lo spazio che la circonda. Pone questo spazio tra tutte le cose a cui dà un nome diverso: tra tutti gli avvenimenti in termini di luogo e di tempo, tra tutti i corpi che saluta con un nome.

Un vero maestro invece sa che ogni pensiero, giudizio o fantasticheria che continuamente emergono nella mente sono solo spazzatura. Il maestro è consapevole di tutti i suoi pensieri e di ogni altra cosa. Non giudica e non ha opinioni su niente, non ha preferenze e cerca la solitudine. Il silenzio è la sua grande guida, perché solo nel silenzio può scorgere la voce di Dio. Non ha bisogno di conoscere tutte le lingue del mondo; ne basta una, la lingua con la quale comunica con Dio, il linguaggio del cuore. Il vero maestro non ha nome e non ha forma.

Il Tao Te Ching dice: “ il saggio agisce con azione distaccata, insegna senza bisogno di parole. Opera con miriadi di cose e creature ma non si impone, crea senza possedere, agisce ma non si aspetta nulla. Ha successo ma non lo cerca.” E per questo suo altruismo realizza s’è stesso. Un maestro non dà, anzi toglie tutto il superfluo, perché sa che il vero sapere nasce da una mente vuota, libera da pregiudizi e ambizioni. Solo una mente quieta e pulita può riflettere la verità in tutta la sua bellezza e immediatezza. Solo oltre l’ego c’è la nostra vera natura. Lo stato di coscienza ordinario è incoscienza. Chi senti di essere è un sé limitato, è un sé condizionato ed imprigionato dal tempo, ciò che il Buddha chiama “il Sé”, l’illusione ed è quello che Gesù indicò quando disse “rinnega te stesso” (Mt. 16,21) invitandoci a riconoscere l’irrealtà di quel sé, illusioni dell’egotismo.

Solamente oltre la mente c’è il vero sapere, la saggezza senza tempo di cui siamo parte attiva. Compiendo il viaggio di ritorno allora ricorderemo chi siamo veramente: la piccola mente si abbandona e si dissolve nella grande mente, nella coscienza divina che è l’essenza di ogni cosa nell’universo e che vive all’interno del cuore umano.

 

IL VERO MAESTRO È OVUNQUE ED È OGNI COSA

Gli antichi “Esseni”, grandi saggi, ci ricordano attraverso i loro insegnamenti che in ogni momento della vita, la nostra interiorità ci è rispecchiata da coloro che ci circondano. Questo ci aiuta a conoscerci e a trasformare i nostri limiti in possibilità, plasmando così il piombo in oro. Ma tutto ciò non può avvenire se non c’è l’assunzione di piena responsabilità personale per qualsiasi cosa abbiamo fatto, detto o pensato in questa vita. È questa la qualità fondamentale per iniziare a riconoscere che ogni cosa è come uno specchio che riflette parti di noi stessi.

Secondo questa visione ogni esperienza è la lezione perfetta di cui necessitiamo per evolvere. Spetta a noi imparare la lezione o perderla (per poi ripeterla). Ogni esperienza infatti rappresenta un potenziale, è come un seme che può dischiudersi e fiorire o all’opposto rimanere com’è. L’accoglienza è aprirci all’opportunità, dire di sì all’esperienza così com’è, senza giudizio o condizionamento. L’inconsapevolezza invece oppone resistenza, bloccando il flusso naturale dell’esperienza ed impedendo a quel seme di schiudersi e fiorire.

“Un corso in miracoli” esprime perfettamente questo concetto: “Dando, ricevi. Ma ricevere è accettare, non ottenere”.

Il Tao Te Ching riporta lo stesso insegnamento: “Come posso conoscere l’origine di ogni cosa? Accettandolo”.

Di conseguenza, il ricercatore del vero volge lo sguardo all’interno, senza preoccuparsi di domani, perché, come diceva Gesù: “Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso”. (Matteo 6,25-34)

Sincronicità e coincidenze faranno accadere l’inaspettato, e tutto arriverà al momento giusto. La tua responsabilità è di essere consapevole del momento presente, accogliendo la vita e il suo insegnamento.

Un antico detto indiano ci ricorda: “Quando l’allievo è pronto il maestro appare”.

Ogni attimo di questa vita ha uno scopo e porta con sé un insegnamento. L’insegnamento è in ogni cosa e in ogni persona che incontri lungo il cammino. Non dare per scontato chi ti sta accanto! A volte il maestro che vai cercando è il tuo collega di lavoro, tua figlia, tuo padre o il tuo cane. Esci dal limite del significato che tu hai dato ad ogni cosa. Risveglio vuol dire riscoprire un senso di unità con tutte le cose. Riconoscere che tutto è contenuto in un progetto superiore, e che ogni cosa in questo mondo segue un ordine ben preciso. Nulla può fuggire alle legge dell’ordine. Pensare questo è pura follia. Pertanto, qualunque cosa stai cercando, sappi che la incontrerai solamente al momento giusto, ne prima, né dopo, e quell’istante non è dipendente dal tempo orario, ma solamente dal tuo livello di consapevolezza. Quindi non chiederti mai “tra quanto tempo?…chiediti piuttosto “come posso essere più consapevole?

Non importa dove stai ponendo lo sguardo in questo momento, se stai cercando ad est, ad ovest, a sud oppure a nord, ricordati però che solo l’attenzione nel passo che stai compiendo “ora” ti porterà dove sei destinato ad arrivare. Se quel passo è fatto con consapevolezza ed ascolto, all’ora quella luce, quel maestro interiore, ti precederà tenendoti la mano e indicandoti la strada che ti porterà ad incontrare la bellezza del tuo domani. Ma se all’opposto quel passo è fatto con distrazione e inconsapevolezza, macchiando la tua essenza di indegnità e vittimismo, allora ti precederanno le tue ombre e non la tua luce, e di conseguenza la paura continuerà ad oscurare le tue scelte e così il tuo domani.

Guarda dunque con occhi nuovi ogni cosa, perché il maestro è ovunque ed è ogni cosa!

“Quando smetterai di viaggiare, sarai arrivato!”

 

Jhonny Mariotto

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